TRA CIELO E TERRA

Tra cielo e terra

Da un tronco conficcato nel terreno, come un arbor vitae (albero della vita), si sviluppa l’assemblaggio di 19 cuori stilizzati, di dimensioni digradanti verso l’alto, appoggiati l’uno sull’altro a formare una sorta di piramide con un leggero andamento a spirale. Quest’ultima, costituita dalla punta di ogni  cuore, simula una gradinata.

È un’opera aniconica, ovvero priva di figurazioni umane, permeata di simbolismo e scevra di concettismo, conduttrice di un messaggio chiaro, libero da possibili fraintendimenti, che “punta” direttamente al “cuore”.  L’artista coglie e ripropone uno degli elementi peculiari dell’arte antica: quello di essere intellegibile e portatrice di messaggi decodificabili da tutti.

Pienamente inserita nella contemporaneità dell’espressione artistica, ma senza utilizzare eccessi, strappi concettuali,  rappresenta  un’arte intuitiva, serena, ingenua, portatrice di un messaggio universale, di una poetica pacata che conduce alla riflessione e alla sospensione; un’opera che si inserisce nel contesto urbano angolano senza stravolgerlo.

L’ispirazione – i 19 caduti nel feroce attentato di Nassirya, cui corrispondono i 19 cuori – e la forma impressa alla materia, hanno permesso di trascendere dalla contingenza del tragico evento e di riferirla alla commemorazione di ogni caduto nelle missioni di pace.

L’universalità del messaggio e dell’elemento simbolico prescelto fa sì che i cuori possano essere allo stesso tempo simbolo delle vite dei caduti e della passione per la missione umanitaria cui hanno votato l’intera esistenza, ma anche simbolo del cuore ferito di ogni madre, moglie o figlio.

Sembrano tradotte in forma visibile le parole con cui Giuseppe Ungaretti nella poesia “S. Martino al Carso” esprime il profondo dolore per i compagni caduti: “ma nel cuore nessuna croce manca, è il mio cuore il paese più straziato”

La piccola gradinata, formata dalle punte dei cuori, oltre a simboleggiare la fatica e la sofferenza patita da chi, volendo portare la pace, ha incontrato la morte, indica che le anime, rappresentate dai cuori, sono salite al cielo, ma che la materia, saldamente ancorata al terreno, offre una commemorazione continua, nel presente, di queste vite spezzate.

Lo stesso orientamento dell’opera non è casuale, ma pienamente simbolico, volto ad abbracciare idealmente tutto il territorio circostante: in una duplice direzione – l’opera si sviluppa dal basso verso l’alto, ma contiene anche una direzione concentrica e un senso di movimento continuo (la scultura nasce per essere ammirata ruotandovi intorno) – la posa del primo cuore ha la punta rivolta verso Città Sant’Angelo, mentre la parte opposta “guarda” verso il mare; il movimento a spirale fa sì che gli altri cuori si “aprano” fino ad indicare i rilievi montuosi del Gran Sasso.

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